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pubblicato giovedì 29 dicembre 2011



Mentre in ogni parrocchia e unità pastorale della diocesi si sta lavorando intensamente nei gruppi di ricerca-confronto sui quattro temi del prossimo Convegno, siamo chiamati tutti, giovedì 29 dicembre, per un'assemblea in Cattedrale a Vittorio Veneto, dalle 19.30 alle 21.30.

Il Vescovo, che ha chiesto un riscontro ai consigli pastorali sull'incidenza dei Piani pastorali diocesani nella vita delle comunità, dopo aver attentamente accolto la voce di tutti, darà una prima sintetica risposta.

La nostra Chiesa sta dunque camminando sul sentiero di un aperto dialogo e confronto per crescere nella comunione e nell'unità. In questo cammino si inserisce la testimonianza di un laico cattolico, Luigi Accattoli, che ha fatto della sua attività di giornalista, scrittore e conferenziere, una pubblica testimonianza di fede in Cristo. Accattoli potrà regalarci squarci di speranza, uno sguardo buono capace di riconoscere il molto bene che pulsa intorno a noi e in noi.

 

Accattoli da anni tiene una rubrica nella rivista "Il Regno". Proponiamo alcuni passi dell'articolo scritto per il numero 2 del 2002 dal titolo "Sono cristiano". Accattoli tiene anche un blog (www.luigiaccattoli.it) in cui propone commenti su piccoli e grandi eventi.

 

Tanti cristiani proteggono gelosamente i loro segreti con Dio. Immagino che non dicano neanche a se stessi se credono o no.

Non ho argomenti contro tale gelosia. Io racconto tutto, in casa e fuori e provoco la meraviglia di parenti e amici.

Rispetto il sentimento altrui, ma rivendico una diversa regola. E la difendo così: se Teresa di Lisieux non avesse scritto la storia della sua anima, ci sarebbe mancato un aiuto a credere. Lo stesso vale per i "racconti" del pellegrino russo, per Hammarskjoeld e le sue "tracce di cammino". Per gli appunti di Bonhoeffer e per quelli di Etty Hillesum.

Ma possiamo osare di più in questo ragionamento, arrivando a nominare Pascal, Francesco, Agostino, Ireneo di Antiochia, l'apostolo Paolo e lo stesso Gesù! Se non ci avessero detto i loro segreti con Dio, noi non sapremmo come parlare al Padre.

Non dobbiamo dunque avere timore di chiedere e di rispondere. Purché sia chiaro che domanda e risposta non ci vengono alla lingua per vanità.

Noi sappiamo che è possibile credere nel terzo millennio e che vale anche oggi il comando di trasmettere la fede che abbiamo ricevuto. Vediamo la nuova generazione che si allontana da ogni memoria cristiana, ma vediamo anche dei ragazzi - cresciuti senza quella memoria - che chiedono il battesimo.

Non ti invitano, i ragazzi, a dire la tua fede. Devi farti avanti. Comunicare il calore della fede.

Poi la preghiera di coppia. Dire ciò che incoraggia a credere. Chiedere aiuto. Confessare il dubbio. La fede dell'altro può essere il più gran sostegno. Ma quanti si esercitano a comunicare i sentimenti cristiani? Facilmente si polemizza, ma non si dice la propria anima.

E con i figli? Magari li esasperiamo con i richiami ad andare in chiesa. Quanto più invece sarebbe efficace la narrazione della nostra preghiera. La confidenza sui nostri dubbi e su come li abbiamo superati. La comunicazione del calore della fede.

Invece di arrovellarci perché i più grandi non sono venuti in chiesa a Natale, adoperiamoci a trovare la giusta invocazione da proporre quando saremo a tavola. Vedo che una parola detta così l'intendono.

Eccoci a tavola il giorno di Natale, con figli e figlie e i fidanzati dei più grandi e qualche parente. Due delle tre mamme presenti sono catechiste in parrocchia, eppure c'è reticenza con i ragazzi sul tema della fede. Troviamo il modo di dire, come saluto augurale, che ci piace tanto quella tavolata e che siamo felic i di averli tutti presenti, i nostri figli, grandi e piccoli, ma che non è questo ciò che davvero ci preme. E neanche che adottino un comportamento simile al nostro. Ci preme che prendano da noi qualcosa della nostra passione per la figura di Gesù e per la fede in lui.

Infine si esce dalla cerchia familiare. "Ma tu ci credi davvero?", è la domanda che ci fanno quanti sono spettatori di gesti o scelte insolite. E noi dobbiamo trovare la forza di rispondere: "Sì, ci credo!".

Altre volte ci viene detto: "Beato te, che hai una fede". E magari ci affrettiamo a cambiare discorso. Potremmo invece cogliere il varco, dicendo la verità: "La fede non basta mai, come la vita. Ma si può chiedere che venga aumentata".

Nelle parole dell'altro può esservi una chiusura a due mandate verso la fede cristiana, appena mascherata da quell'esclamazione per il dono della fede. E noi sentiamo la chiusura nelle parole che ci vengono dette. Ma anche qui è possibile una risposta nella verità: "Ne ho poca di fede, troppo poca. Ma c'è anche il desiderio della fede e quello ce l'ho davvero".

Esercitiamoci ad apprezzare l'aiuto che ci viene dalla manifestazione della fede altrui e a non far mancare agli altri la nostra parola. "Quasi per fargli un regalo", come scriveva Etty Hillesum.

 

 

(da L'Azione, n. 54 del 25/12/2011)






 
 
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