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Inizia la "fase due" del tavolo di lavoro sui fitofarmaci in agricoltura


(notizia del 01/10/2020, ormai in archivio)

Dopo l’incontro del 21 settembre, inizia la “fase due” del “Tavolo di dialogo” sull’uso dei fitofarmaci in agricoltura, promosso dall’Ufficio per la pastorale sociale della Diocesi di Vittorio Veneto, cui sono invitati i rappresentanti dei Consorzi di tutela vitivinicoli, le associazioni di categoria e le realtà che promuovono una sensibilità ambientale.

  

Lunedì 21 settembre presso la Casa Toniolo di Conegliano si è tenuto il quarto incontro del “Tavolo di Dialogo” sull’uso dei fitofarmaci in agricoltura, promosso dall’Ufficio per la pastorale sociale della Diocesi di Vittorio Veneto: un appuntamento caratterizzato da cordialità e sereno confronto. Convocati, come negli altri incontri, i rappresentanti dei Consorzi di tutela vitivinicoli, le associazioni di categoria e le realtà che promuovono una sensibilità ambientale, erano presenti all’incontro i Consorzi di tutela Prosecco Conegliano Valdobbiadene DOCG, Prosecco DOC, Coldiretti, Fare Rete, Salute&Ambiente. Presenti per il coordinamento del Tavolo: don Andrea Forest (responsabile della Pastorale sociale diocesana e coordinatore del Tavolo), il prof. Giovanni Cargnello (Copresidente dell’International Academy of Vine and Wine - F), il prof. Paolo Cescon (già pro-rettore vicario dell’Università di Venezia) e don Alessio Magoga (direttore del settimanale diocesano L’Azione).

Tale appuntamento ha concluso la “prima fase” del progetto della Pastorale Sociale avviato nel giugno 2019, passando ora dal “Tavolo di Dialogo” ad alcune linee operative, individuate di concerto con gli interlocutori del Tavolo stesso.

Al primo punto dell’ordine del giorno le considerazioni sul “Documento finale” (vedasi la presentazione in fondo a questo comunicato) prodotto dalla Pastorale sociale nei mesi estivi dopo, grazie al particolare contributo del prof. Cargnello, un prolungato confronto di carattere scientifico con un gruppo di esperti – denominato “Gruppo Scientifico Operativo” – dell’Università di Padova, del CREA.Vit-Eno, della Scuola Enologica e di altre qualificate professionalità. È stata particolarmente apprezzata l’impostazione del Documento, che propone “grandi mete” (il più elevato grado di sostenibilità globale come punto di arrivo, con particolare riferimento al metodo biologico certificato) nella logica dei “piccoli passi” (che siano reali, concreti, decisi, ma a portata della situazione in cui i produttori si trovano; soprattutto nella convinzione di dover lavorare sulla formazione di una mentalità diversa e innovativa, in cui il passaggio al biologico o all’uso molto moderato della chimica – cioè solo quando strettamente necessario – che sia frutto di una convinzione etica).

Tre i possibili “cantieri di lavoro” individuati:

  • La formazione delle coscienze, sensibilizzando da un lato i produttori a un uso della chimica responsabile, dall’altro sensibilizzando la cittadinanza rispetto a quanto già si sta facendo per la salvaguarda di salute e ambiente. Su questo aspetto si ipotizzano incontri pubblici, momenti di studio, interlocuzione con le istituzioni e specialmente le scuole per la formazione di figure tecniche adeguatamente preparate.
  • Puntare sulle eccellenze dell’agricoltura biologica e di modelli di gestione virtuosi, individuando aziende che possano diventare dei punti di riferimento da valorizzare nel territorio e che possano diventare una sorta di “laboratorio” per la formazione di nuove figure professionali e di opinion leader preparati per la diffusione di tali metodi di produzione.
  • Avviare, grazie al contributo del prof. Paolo Cescon, una analisi conoscitiva del territorio per valutarne lo stato di salute e l’eventuale inquinamento, e poi individuare con tutti gli attori coinvolti al Tavolo di Dialogo progetti per ulteriori tutele della salubrità dell’ambiente, in collaborazione con le opportune istituzioni preposte. Su quest’ultimo punto, trattandosi di una proposta ancora allo stadio iniziale, sarà necessario un successivo e ulteriore confronto tra le parti coinvolte nel Tavolo, per meglio determinare la proposta e la sua praticabilità.

Fra i temi emersi l’attenzione è stata posta, per la prima volta, sulla necessità di uno sguardo a forme di cosiddetta “agricoltura resiliente” (un’agricoltura cioè capace di adattarsi all’evoluzione del clima planetario, in equilibrio con l’intero ecosistema), che sarà un tema di sempre crescente importanza, dati gli effetti che il cambiamento climatico produrrà inevitabilmente anche sulla produzione agricola e i suoi modelli di riferimento. Essendo una questione che rischierà di creare ulteriori tensioni in un prossimo futuro, sarà bene concentrarsi non soltanto sugli attuali problemi legati all’uso dei prodotti fitosanitari e chimici (ambito comunque nel quale si sta cercando di operare concretamente), ma ampliare lo sguardo in una direzione attenta alla prevenzione di nuove difficoltà, anche sociali, economiche ed esistenziali.

Don Andrea Forest,
Delegato vescovile dell’Ufficio diocesano per Pastorale sociale,
Lavoro, Giustizia, Pace e Salvaguardia del creato

 

 


 

Sintesi del “documento finale” del gruppo scientifico operativo

 

Negli scorsi mesi di giugno e luglio l’Ufficio diocesano per la pastorale sociale ha convocato un “Gruppo Scientifico Operativo”, composto da docenti dell’Università di Padova, esperti di agricoltura biologica e periti rappresentanti dei Consorzi di tutela vitivinicoli, delle associazioni di categoria e dei movimenti ambientalisti che partecipano al Tavolo di Dialogo sull’uso dei fitofarmaci.

Al termine degli incontri che si sono tenuti, è stato elaborato dall’Ufficio per la pastorale sociale un “Documento finale” che fa sintesi delle intuizioni emerse, corroborate dai dati scientifici, e possibili linee di impegno che ora sono oggetto di valutazione e scelta nel Tavolo di Dialogo.

Di seguito un breve compendio di quanto considerato.

Anzitutto un inquadramento di fondo che prevede l’ecologia integrale di Laudato Si’ come modello di riferimento, in cui “tutto è connesso”, in una strategia che metta insieme “grandi mete” (un’agricoltura davvero sostenibile, come ad esempio applicando in misura maggiore il metodo biologico) e “piccoli passi concreti” (a partire dalle situazioni reali e dalle possibilità dei coltivatori, ma senza indugi e ritardi), con il coinvolgimento di tutta la comunità del territorio. In tal senso l’apporto delle istituzioni quali Comuni, Regione, scuole, organismi governativi è fondamentale.

L’obiettivo pertanto dovrebbe diventare quello di un passaggio verso un nuovo modello di fare agricoltura, con un cambio culturale di paradigma che riveda le priorità erette a valori: maggiore trasparenza nelle scelte, maggiore attenzione a salute e ambiente, formazione delle coscienze a un’etica improntata alla giustizia, alla solidarietà sociale, al primato del bene comune, per un più vivo senso di appartenenza a una comunità (civile, sociale, ecc.).

Sul piano strettamente operativo, tre potrebbero essere gli scenari ipotizzati, anche non fra loro alternativi. Il primo è quello di investire decisamente sul metodo biologico e su altre forme di agricoltura sostenibile, eleggendo alcune aziende virtuose come “modello” e laboratorio per una sperimentazione sul campo e un laboratorio di formazione permanente di figure tecniche preparate. Il secondo è quello di un modello di agricoltura che, non potendo applicare strettamente il metodo biologico, si ispiri ad esso, concependo l’uso della chimica come soluzione a cui ricorrere solo quando strettamente necessario. Il terzo è quello della “difesa integrata volontaria” in cui gli agricoltori che applicano il metodo convenzionale maturino una sensibilità ambientale che li porti a un uso più consapevole e responsabile dei prodotti chimici di sintesi, riducendo comunque al minimo l’impiego di fitofarmaci e altri integratori non naturali.

Si tratta in ogni caso di far maturare una diversa filosofia di fondo nel modo di approcciarsi alla produzione agricola, in cui il passaggio fondamentale è quello di una transizione da una semplice applicazione di tecniche di coltivazione a uno sguardo più complessivo di custodia e valorizzazione del territorio, dell’ambiente e delle relazioni. E questo è un passaggio che deve coinvolgere tutta la cittadinanza: da qui la proposta di avviare momenti pubblici di confronto che aiutino a sensibilizzare la coscienza di tutti.





 
 
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