Centro Missionario Diocesano
 

Iniziative sulla Missione nelle prossime 4 settimane:

mercoledì 6 agosto

Viaggio in Perù

giovedì 7 agosto

Viaggio in Zambia

sabato 9 agosto

Viaggio in Turchia

venerdì 22 agosto

Campo in Bosnia


carattere piccolo carattere normale carattere grande

Don Giuseppe Zago

Mostra tutti i profili dei preti Fidei Donum della Diocesi


pubblicato martedì 14 marzo 2006


Scarica il testo in PDF (26 KB)


Don Giuseppe Zago

Nasce a S. Anastasio il 19.03.1933. Entra giovanissimo nel Seminario di Vittorio Veneto. Viene ordinato prete il 06.07.1958. Vive i suoi primi anni di ministero nelle parrocchie di Meschio e Sacile. A settembre del 1963 parte per il Burundi e vi rimane fino al febbraio 1972. Rientrato, viene inviato come cappellano a Francenigo. Riparte per il Burundi nel luglio del 1997. Viene espulso dal paese nel giugno del 1979. Dal 1980 al 1987 è parroco di Albina e, negli anni successivi, parroco di Orsago, dove rimarrà fino alla morte, avvenuta il 19.03.1996.


Non è difficile commemorare don Giuseppe Zago perché ha lasciato tanti bei ricordi in coloro che l'hanno conosciuto.

Le prime cose che mi vengono in mente sono le circostanze della sua morte. Era da poco passata la mezzanotte del 19 marzo 1996 festa di S. Giuseppe, suo patrono e giorno del suo compleanno. Durante la sua lunga e dolorosa malattia aveva sempre detto: "Vivrò fino al giorno del mio 63° compleanno, come mio padre. Sarà S. Giuseppe a venire a prendermi". Lo ha talmente voluto da farlo diventare, se così si può dire, volontà di Dio. Questo mi ha fatto pensare alle tante cose che ha fortemente voluto nella sua vita e che ha sempre realizzate con tenacia ed entusiasmo.

Don Giuseppe è nato a S. Anastasio il 19 marzo 1933, ha fatto tutti i suoi studi nel seminario vescovile di Vittorio Veneto, dalle medie alla teologia. È stato ordinato sacerdote a Cordignano il 6 luglio 1958 con altri 11 compagni, i famosi per essere ben dotati e molto uniti (tra questi anche il vescovo Ovidio Paletto). Don Giuseppe con le sue belle qualità ha contribuito non poco a far diventare la sua classe "la grande classe", come eravamo soliti definirla.

Iniziò il suo servizio sacerdotale a Meschio e poi a Sacile e quando si prospettò la possibilità di partire per la missione si mise subito a disposizione. Con don Vittore De Rosso e don Luigi Sgargetta partì per il Burundi nel 1963. Era la prima volta che sacerdoti diocesani andavano in missione come "fidei donum".

All'inizio non è stato facile per loro perché dovevano abitare con i sacerdoti burundesi e imparare la lingua kirundi. Dopo soli due anni chiesero di fondare una nuova missione, staccandosi così da Kanyinya, la vecchia parrocchia madre che li aveva accolti. I missionari di allora, i Padri Bianchi, non davano tanta fiducia a questi sacerdoti italiani, arrivati da poco e con scarsi mezzi.

La grande avventura cominciò a Sasa, una povera succursale di Kanyinya: quella doveva diventare la nuova parrocchia. Ben presto però fu scelta la collina di Kuntega, luogo più adatto per iniziare le Opere Parrocchiali, e quella casetta di Sasa piena di pipistrelli e di qualche serpente, che si trova 5 kilometri da Kuntega, è rimasta lì come ricordo della "culla" delle origini.

Don Giuseppe, a detta di tutti, si rivelò subito buon impresario, dirigendo vari cantieri di lavoro, con muratori, carpentieri, falegnami… "tirati su" da lui e da don Vittore. Con l'entusiasmo degli inizi crebbero contemporaneamente tutti gli organismi della nuova parrocchia: catechisti, animatori dei gruppi e varie associazioni. Don Giuseppe si interessava in particolare della pastorale giovanile.

Dopo il rientro di don Vittore, lui divenne parroco. Ma quando era nel pieno delle sue forze, con padronanza della lingua e amato da tutti, nel gennaio 1972, dovette rientrare in Italia a causa della malattia e della morte del papà.

Fu trattenuto in diocesi in aiuto alla parrocchia di Francenigo. Poteva sembrare una umiliazione ritornare cappellano dopo la forte esperienza africana e 14 anni di sacerdozio. Ma don Giuseppe non si lamentò. Francenigo ebbe la fortuna di averlo per 5 anni e la gente non l'ha più dimenticato. Si conquistò anche la stima dei sacerdoti della forania che lo vollero Vicario Foraneo.

Nell'agosto 1977 fu richiesta la sua disponibilità per un ricambio in Burundi e generoso qual era, partì accompagnato da 9 giovani di Francenigo che rimasero con lui un mese a fare esperienza di vita missionaria. Questo secondo periodo missionario durò solo un anno e mezzo perché, nel giuno 1979, arrivò anche per lui l'espulsione imposta da dittatore Bagaza ostile alla Chiesa e ai missionari.

Ritornato in Italia fu parroco di Albina, una parrocchia che allora contava circa 800 abitanti. Ma don Giuseppe aveva sempre tanto da fare, promuovendo iniziative per la formazione cristiana e per tener unito e vivo il paese.

In occasione della visita pastorale del Vescovo, la chiesa era gremita. Ogni responsabile dei gruppi e delle associazioni presentava le proprie attività. Alla fine intervenne anche lui e manifestò al Vescovo il suo dispiacere perché aveva in parrocchia due giovani che non partecipavano alla vita della comunità, nonostante tutte le sue attenzioni.

Quando poi, nel 1985 fu nominato parroco di Orsago, poté trafficare tutti i suoi talenti e seminare a piene mani in un terreno vasto e fecondo.

Quest'ultimo periodo della sua vita, ricco di iniziative pastorali, è stato reso fecondo dalla malattia vissuta con fede e coraggio.


Riportiamo alcuni pensieri tratti dal testamento spirituale di don Giuseppe:

Non ho esperienze spirituali che, a mio avviso, possano risultare utili agli altri, perciò non saprei cosa dire della mia vita.

L'atto di sincerità estremo e più forte che mi sento di fare di fronte alla mia morte è di riconoscere che ho rovinato tante belle parti della mia vita. Parti che il Signore ricamava abilmente per il diritto e io guardavo a rovescio senza capirci niente, anzi intrecciando i fili e le immagini disordinatamente; cercavo affannosamente di imporre il mio progetto là dove Dio agiva svuotando, e costruiva demolendo.

Ma ci sono soprattutto parti belle in cui nella sofferenza, talvolta acuta, talaltra umiliante, ho potuto vivere intensamente la cura che Dio ebbe per me, suo prete. Mi dimostrò il suo Amore in ogni istante, e mi diede anche la grazia di accorgermene, ciò che mi ha aiutato a superare alcuni momenti "insuperabili".

Dio, Padre buono, mi ha sempre messo accanto chi mi ha sostenuto e fu per me l'immagine della bontà dei Padre sul mio cammino. Non so quanto di vita il Signore mi conceda ancora. Il tanto o poco non vale, solo vale il bene o il male, cioè come la vivrò e mi impegnerò. Seppellitemi là dove morirò e in mezzo alla gente che, come prete, ho avuto la missione di servire per ultima. Sarebbe mio desiderio di morire laggiù, in Africa.

Chi fu vicinissimo alla mia anima sa che volevo impegnarmi a fondo ma che non sono riuscito. Non ho negato amore a nessuno, ma è un amore che ha bisogno di essere sempre purificato e consacrato.

La fede che sinceramente ho cercato anche di proporre agli altri, a tanti, fu per me una continua ansia di conquista e lo è tuttora.

"Signore, che io veda!". Che io possa vederti ora nei giorni che mi dai e che ti possa vedere alla fine della mia vita.

(Francenigo 28.2.1974)

Il Signore mi ha ritenuto ancora idoneo per il Burundi. Domani ripartirò. Riconfermo tutto quando sopra e ringrazio il Signore di questi 5 anni e mezzo trascorsi in Italia.

Vieni con me Signore, passa avanti a me.

(Francenigo 31.7.1977)

Per soli due anni ho goduto l'illusione di essere utile agli africani con al mia presenza: nel '79 fui espulso. Adesso ho una parrocchia che richiede la mia vita. "Signore tienimi una mano sulla testa, perché chi si chiude è perduto".

Lotto continuamente per prodigarmi anche fuori parrocchia, non rifiuto nessuna proposta, ma vedo che la tentazione campanilistica è feroce.

(Albina 5.3.1984)

Ringrazio sempre il Signore di tutte le esperienze di vita che mi ha permesso di fare, dell'entusiasmo della mia gioventù, del carattere giulivo e gioioso, della volontà di riuscita, dei momenti di generosità nell'incontro con i fratelli italiani ed africani.., degli sbagli fatti che mi hanno costretto a rivedere me stesso, dei momenti di dolore superati con difficoltà. Di tutto questo ti ringrazio, o Signore!

Grazie per le persone che mi hai messo accanto, che mi hanno sostenuto, indirizzato e spesso anche corretto, ma soprattutto che mi hanno voluto bene sinceramente.

Grazie per avermi messo sempre in comunità cristiane che mi hanno voluto tanto bene, che mi hanno capito e saputo sostenere con la loro sincera collaborazione nei problemi pastorali.

Il canto di lode e di ringraziamento a Te sarebbe troppo lungo da scrivere, spero che Tu mi dia la grazia di continuarlo in eterno nel tuo Paradiso.

(Orsago 11.8. 1992)

mons. Giuseppe Nadal





 
 
Diocesi di Vittorio Veneto © 2006-2025 - revisione: 29/03/2007Privacy Policy  -  Cookie Policy  -  contattateci