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Don Pietro Pase

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pubblicato martedì 14 marzo 2006


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Don Pietro Pase

Nasce a Rua di Feletto il 5 novembre 1942. Compie gli studi nel seminario diocesano e viene ordinato sacerdote da mons. Albino Luciani il 26 giugno 1966. Dopo un periodo di servizio pastorale a Caneva e a Motta di Livenza, nel gennaio del 1977 parte per il Brasile e lavora a S. Mateus fino al gennaio 1982. Dopo un breve periodo in Italia, a Motta di Livenza, riparte per la diocesi di S. Mateus a marzo del 1983 per essere parroco prima di Pinheiro e Boa Esperança e poi di Mantenópolis. Muore in un incidente stradale il 18 luglio 1992. Viene sepolto a Bagnolo il 27 luglio a Bagnolo.


Il Concilio Vaticano II aveva portato un vento di speranza anche nella Chiesa vittoriese e noi seminaristi eravamo entusiasti di pensare alle missioni nel mondo. Le congregazioni religiose missionarie erano numerose ed alcuni nostri amici avevano scelto i Comboniani ed il Pime. Nella classe di quarta teologia, anno scolastico 1965-1966, eravamo rimasti in dodici e fra questi c'era Don Pietro Pase. L'amore alla Chiesa ci spingeva tutti ad aprirci al servizio missionario. Si poteva dire che tutti eravamo già missionari nel cuore.

Don Pietro Pase era nato a Rua di Feletto il 5.11.1942. I genitori erano mezzadri del beneficio di Bagnolo. Papà Antonio attualmente vive in casa con suo figlio a Bagnolo e la mamma Lovisotto Anna è deceduta improvvisamente nel 1988. Don Pietro entrò in seminario nel 1953 e venne ordinato sacerdote il 26 giugno 1966 da Vescovo mons. Albino Luciani.

Come tutti gli altri sacerdoti consacrati si è messo subito a servizio della diocesi di Vittorio Veneto e fu nominato vicario cooperatore nella parrocchia di Caneva. Nel frattempo, frequentava la scuola di S. Giustina di Padova come approfondimento della fede dopo il Concilio. Sacerdote tranquillo ed obbediente non lasciava trasparire grandi aspirazioni, ma in tutta semplicità amava la Chiesa e la serviva con amore e umiltà. Più che Pietro, era Francesco d'Assisi il suo santo ideale. Godeva delle piccole cose e sapeva sempre e in tutto benedire il Signore che lo aveva chiamato al sacerdozio.

Era un sacerdote di poche parole, ma sicuramente pratico e concreto in tutta la sua pastorale. A Motta di Livenza, dove era assistente spirituale degli scouts, si è fatto apprezzare soprattutto per l'amicizia sincera che sapeva comunicare. Era così felice che niente faceva presagire che volesse lasciare l'Italia per le missioni.

Quando la Chiesa ha istituito i missionari "fidei donum" per aiutare le numerose diocesi del mondo sprovviste di sacerdoti, anche il nostro Vescovo ha ritenuto opportuno chiedere la disponibilità ai numerosi sacerdoti della nostra diocesi. Con tutta semplicità, Don Pietro, imitando l'obbedienza di Gesù: "Padre sia fatta la tua volontà", ha sentito il desiderio di obbedire e di partire per il Brasile. Non si è fatto tanti problemi, come la lingua da imparare e la lontananza dalla propria terra: è partito e basta. Sapeva di trovare laggiù altri amici come Don Giovanni Zanchetta e Don Aldo Lucchetta, ma con grande responsabilità confidava totalmente nella gioia dell'obbedienza. Credo che questo tratto della sua personalità fosse molto forte in lui. Considerava la sua vita come un segno che doveva far trasparire l'amore di Gesù per le anime. Si lasciava così guidare da Dio in un atto di amore che non è difficile comprendere come essenza del suo sacerdozio.

Nel 1977 è partito per il Brasile, diocesi di S. Mateus, dove dal 1964 lavoravano i nostri sacerdoti "fidei donum". La sua prima difficoltà fu proprio la lingua portoghese, che è ricca di espressioni colorite, mentre lui preferiva pronunciare poche parole concise. Non era un oratore, ma un lavoratore accanto ai più poveri fra i poveri. Seguendo l'esempio di Don Aldo Lucchetta aveva fatto la scelta della scuola famiglia che riteneva idonea alla formazione dei contadini. A S. Mateus la coltivazione del caffè e della manioca erano in pieno sviluppo e non era giusto vendere tutto ai grossi proprietari. Con intelligenza e con impegno, magari con la collaborazione delle cooperative si poteva vivere anche con poca terra, senza diventare schiavi dei potenti. Ha così inaugurato una scuola famiglia a Boa Esperança e una a Pinheiro. Come figlio di agricoltori sempre si interessò della promozione sociale dei figli degli agricoltori nello stato dello Spirito Santo.

Viveva il suo sacerdozio con impegno e fedeltà agli insegnamenti della Chiesa e a volte poteva sembrare anche intransigente sulle esigenze e prescrizioni della Chiesa. Programmava la sua vita con intensi appuntamenti che sapeva sempre onorare con puntualità e precisione. Mirava sempre all'essenziale, senza badare ai fronzoli. Non cercava certo il plauso umano.

Si accontentava di poco per vivere. La virtù della povertà era vissuta con spirito costante. Tutti i suoi beni erano esclusivamente a servizio della pastorale e della povera gente. Sono stato con gli amici sacerdoti a visitare la sua parrocchia e subito abbiamo notato questo spirito di povertà. Nella sua camera c'era solo l'essenziale e quanto aveva in più era a disposizione dei catechisti e dei numerosi collaboratori. Il giorno del suo funerale Don Egidio Menon, allora missionario in Brasile a São Mateus, ha detto: "Ai parenti ho portato le sue cose personali: sono tutte in un pacchetto". Nel suo lavoro pastorale privilegiava i bambini con i quali aveva un'intesa immediata. I bambini si esprimono e comunicano più con i gesti che con le parole. Forse per questo hanno subito intuito la bontà e la generosità di Don Pietro. Li seguiva personalmente al catechismo e li preparava con cura alla messa di prima comunione. Dedicava molto tempo alle confessioni, all'incontro con gli ammalati. L'attenzione alle comunità rurali era la sua prima preoccupazione. Celebrava con loro la Messa e poi rimaneva a lungo con la gente a parlare dei problemi sociali e a visitare le famiglie. Questo ritmo di lavoro lo aveva fisicamente logorato, tanto da confessare, negli ultimi tempi, che si sentiva stanco. Per lui era faticoso guidare e percorrere in macchina tanti chilometri in mezzo a strade impervie e scoscese. Mantenópolis si erge su di un altopiano circondato da molte montagne dove le strade sono sempre piene di fango. Anch'io le ho percorse e non senza paura, pur essendo in gruppo e pronti ad aiutarci in ogni emergenza. Don Pietro era da solo e così in solitudine percorreva costantemente queste strade impervie. Non gli piaceva guidare, né andare in macchina, ma non aveva altra scelta perché il suo desiderio apostolico era quello di poter visitare tutte le cappelle della parrocchia.

Proprio in macchina, sull'asfalto che collega Mantenópolis a Alto Rio Novo, dentro i confini della sua parrocchia, ha avuto un improvviso malore che gli ha fatto perdere il controllo del volante. Ritornava a casa dopo aver celebrato un matrimonio in Alto Rio Novo, in curva in uno scontro frontale con un camioncino che veniva in senso apposto, ha trovato la morte il giorno 18 luglio 1992. Una croce ed un piccolo altare costruito sul posto dell'incidente ricordano la sua figura di missionario sempre fedele ed operoso. Negli ultimi tempi passava ore in preghiera, recitando il breviario ed il rosario nella chiesa parrocchiale. Forse pensava di dover rientrare in Italia per un periodo di riposo, ma il Signore ha voluto che morisse proprio nella terra di missione, fra la sua gente. La sua salma fu trasferita in Italia e riposa nel cimitero di Bagnolo in Italia, dove è sepolta la mamma. Ebbe funerali solenni e commoventi nella chiesa di Rua di Feletto il pomeriggio del lunedì 27 luglio. Celebrò il Vescovo mons. Ravignani e concelebravano con lui molti sacerdoti. Sicuramente i parrocchiani di Mantenópolis desideravano averlo lì nella loro chiesa per poter pregare sulla sua tomba e coprirla di fiori per dimostrare tutto il loro affetto. Non è stato così, ma dal cielo sicuramente Don Pietro è ancora il missionario che continua a pregare e a proteggere la sua gente povera ma ricca di valori umani che ha incontrato in Brasile. Essi lo ricordano così: "Dal suo testamento riceviamo questa eredità: testimonianza evangelica, povertà, preghiera, disponibilità, onestà e semplicità".

A Mantenópolis sempre lo ricordano; ogni anno celebrano l'anniversario della sua morte come una festa, elevando preghiere di grazie a Dio per il dono ricevuto nella persona del sacerdote don Pietro Pase. Rimane sempre il loro Padre Pedro. Gli sono riconoscenti per aver avviato la scuola famiglia agricola, per aver organizzato le varie comunità, per i numerosi corsi di formazione realizzati per i catechisti e animatori di comunità, per l'esempio di spirito di preghiera e di povertà che ha lasciato. Egli è stato una icona di obbedienza alla Chiesa. Noi sacerdoti dovremmo imparare da lui l'atteggiamento vero del servo che dona tutta la sua vita al servizio degli ultimi, come Gesù ci ha insegnato nel Vangelo.

mons. Giacomo Gava





 
 
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