Pastorale della famiglia
 

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La Chiesa è madre non matrigna

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pubblicato giovedì 26 febbraio 2009



La realtà della crisi del matrimonio ci interroga sempre più insistentemente: cosa fare di fronte alle situazioni di separazione, divorzio o nuova unione? Cosa fare non solo per prevenire ma anche per accogliere? Sabato 14 febbraio la Commissione diocesana per la famiglia ha chiesto al vescovo ausiliare di Milano, monsignor Brambilla, di presentarci la lettera pastorale del febbraio 2008 "Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito - Lettera agli sposi in situazione di separazione, divorzio e nuova unione" che il cardinal Tettamanzi ha inviato ai fedeli della sua Diocesi. Non ci sono novità giuridiche, come qualcuno forse si aspettava, quindi potrebbe essere deludente, e invece appena si inizia la lettura si respira da subito e in tutto il suo svolgersi, un'aria nuova, fresca, ossigenata, come non eravamo abituati. Chi vive con sofferenza il fallimento del matrimonio trova spesso chiusura e giudizio anziché ascolto e accoglienza, al di là dell'impossibilità a volte di dare risposte risolutorie. Troppo spesso rispondiamo col moralismo anziché con un silenzio fecondo di ascolto. Il cardinal Tettamanzi propone con un linguaggio dolce e sommesso di farsi accogliere nelle case di chi vive in situazione matrimoniale critica. Insieme interpella tutti noi a dedicare tempo, non solo in quantità ma anche in qualità, a questi fratelli che spesso si trovano nella drammatica condizione della solitudine, forse la peggiore e indesiderata prospettiva dopo la crisi matrimoniale. Ci viene suggerita una lettura in tre grandi "capitoli".


Accompagnare la separazione

Il primo, accompagnare l'evento della separazione, come percorso in cui cercare di oggettivizzare, cioè cercare di far luce, di dare un nome, sinceramente interrogarsi. In una parola elaborare il lutto. Quindi fare memoria, analizzare la storia, coi suoi aspetti positivi e negativi, permette anche di recuperare una sensibilità più profonda. Poi la purificazione, che richiede un tempo in cui, possibilmente aiutati, si raggiunge un certo distacco dalla propria storia fino al riconoscimento delle responsabilità, meglio, dell'assunzione di responsabilità. E infine la misericordia/conversione cioè l'annuncio della misericordia che ci viene dalla Croce: solo la conversione, cioè un'inversione di marcia, permette il risanamento del cuore ferito, attraverso la misericordia.


Nella Parola le ragioni dell'indissolubilità

Il secondo "capitolo" è la Parola, come fonte a cui attingere le ragioni del matrimonio, la sua indissolubilità, la sua valenza sacramentale unica e irripetibile (cioè non se ne può celebrare un altro "sopra" al presente). Da qui deriva anche «il perché dell'astensione dalla comunione eucaristica» per i divorziati risposati e solo per loro (specificazione necessaria vista la travisazione dell'indicazione magisteriale con l'arbitraria estensione, a volte, anche ai separati o divorziati non risposati). Notiamo la scelta delicata di usare la parola astensione anziché esclusione, che, pur a parità di risultato, non è così violenta. La realtà di non comunione sponsale non è compatibile con la comunione eucaristica, che significa la comunione di Cristo con noi, ecco la ragione di questa astensione.


Figli amati della Chiesa

Il terzo "capitolo", nel segno dell'attesa e della speranza, richiama questi nostri fratelli (e noi nei loro confronti!) a considerarsi e vivere a tutti gli effetti come figli amati nella Chiesa. Il cardinal Tettamanzi fa un invito accorato a non allontanarsi dalla vita di fede, a partecipare alla messa e alla vita della comunità, a non perdere l'occasione di servire i fratelli bisognosi, richiama forte mente alla responsabilità educativa dei figli, evidenzia la pregnanza della testimonianza di fedeltà al sacramento di coloro che pur separati o divorziati non passano a una nuova unione.

La lettera si chiude con l'esortazione a cercare dialogo e contatto coi sacerdoti e con coppie e famiglie che possano ascoltarli e accompagnarli; è naturale ribaltare l'invito ai sacerdoti e a famiglie e coppie perché si attrezzino (formazione!) e si rendano disponibili ad accogliere, amare e accompagnare questi fratelli, e imparino a testimoniare loro la misericordia di Dio. Possiamo quindi dire che la lettera dice sì la verità, ma con inedita tenera carità.

Ubaldo Vaglieri




(da L'Azione, n. 8 del 22/02/2009)




 
 
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