Fondo di Solidarietà
 

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Crisi sì, ma di valori

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pubblicato lunedì 28 settembre 2009



Giovanni Sallemi è uno dei volontari che compongono il consiglio del Fondo di solidarietà, organismo che decide l'erogazione dei contributi a quanti presentano richiesta ai Centri d'Ascolto. Ecco una sua riflessione nata dal servizio nell'ambito del Fondo di solidarietà.


Da mesi siamo immersi nei dati della crisi economica e ogni debole segnale incoraggia o scoraggia la tal azione. Dietro ai dati corre il consenso di una o l'altra coalizione politica. Siamo in un mondo di numeri. Io stesso nel mio lavoro devo stare attento ai conti, ai dati. Ma davvero è tutto così leggibile o ci sono altri dati da considerare? In cuor mio, fin da quando si è iniziato a parlare di crisi economica, ho incominciato ad abbinare la crisi a una crisi valoriale della specie umana e maggiormente di quella parte degli uomini che hanno molto di più di ciò che realmente serve per vivere. In questa parte ci sono anch'io, coinvolto dai media e dai più, ad avere per essere.

Sembra tutto possibile nel casinò della vita, giochiamo i gettoni senza dar valore a ciò che rappresentano veramente. Il bene acquisito, in poco tempo, perde significato perché ne arriva un altro che apparentemente supera ciò che si aveva fin prima. Tutto sembra indispensabile, non si può rimanere senza. In questo gioco del superfluo giocano in molti, quelli che contano, contano i dati. Nel gioco vince chi non si accontenta, chi afferma che ogni azione che porta frutto economico è assolutamente vincente. La crisi quindi si supera con nuovi dati, con nuove regole economiche che tentano di stabilire il limite dell'interesse personale. Nascono così le accuse verso chi, dati alla mano, ha abusato troppo: istituti finanziari, multinazionali, banche, imprenditori. Ma anche verso chi non ha controllato o modificato in tempo le regole del gioco.

In realtà stiamo giocando tutti a questo sciocco gioco dell'autodistruzione senza renderci conto di quanto invece sia maggiormente importante guardare altri indicatori.

Il ben-essere passa attraverso la solidarietà tra le persone, l'amicizia, il senso dell'appartenenza ad una comunità, alla dignità che altre persone sono in grado di offrirti, passa attraverso l'amore vero per la natura e il mantenimento della stessa come un bene per tutti. Passa ancora attraverso la cultura, l'ascolto della saggezza di chi c'è passato prima di noi. Credo ancora che il ben-essere passi per la porta della carità, dell'accoglienza, dell'impegno sociale.

Una volta, mi racconta mio padre, le persone stimate in un paese erano in particolar modo la levatrice, il medico, il parroco, il maresciallo dei carabinieri: tutte svolgevano un servizio, si prodigavano per il bene, non c'erano orari e la loro vita era un esempio per tutti. Il paese di un tempo si nutriva di solidarietà, chi sapeva fare aiutava il vicino a tirar su casa e viceversa. Ricordo in gioventù che la mia vicina di casa diceva a mia madre «vai, vai pure ti tengo io il figlio, fa quello che devi fare».

Sentivo che c'era un'attenzione per il giusto: giusta solidarietà, giusto servizio, giusto guadagno, giusta attenzione per le cose e nessuno mostrava dati in merito.

Mentre scrivo sento che i miei scarsi studi vanno a farsi benedire, troppa semplicità... in quegli anni non si riusciva ad andare tutti in vacanza, la televisione non era in ogni casa, le prospettive di vita erano minori. I dati, tutti i dati lo dimostrano. La nostra qualità di vita oggi, dati alla mano, è aumentata. Oggi però vedo, nel servizio a favore di quanti si rivolgono al Fondo di solidarietà, che la crisi passa anche per questa crisi valoriale. Chi oggi non ha niente è stato travolto no n solo dalla crisi economica e dalla perdita del lavoro ma prima di ciò dalla necessità di avere. Abbiamo insegnato anche e non solo agli extracomunitari ad avere per essere. Sono in molti che si rivolgono al Fondo con debiti acquisiti per acquisti anche futili. Sotto la possibilità del pagamento rateale anche a partire dal prossimo anno o del prestito immediato dell'una o altra agenzia, molte persone si trovano schiacciate da un peso economico oggi ingestibile senza il lavoro dell'uno o l'altro coniuge. Nella sofferenza di chi oggi si ritrova con niente e con debiti sono coinvolti anche molti bambini, adolescenti che si trovano a vivere un'emergenza sociale in un mondo talvolta poco accogliente e solidale.

Si sente ormai, anche se sommessamente, parlare di sobrietà, di cambio degli stili di vita, di razionalizzazione delle risorse a disposizione per poter superare la crisi. Tutto vero, ma in cuor mio sento che siamo ancora distanti da un vero impegno in questo senso. Da una parte si desidera un cambiamento e dall'altra passiamo le nostre domeniche alla ricerca del centro commerciale aperto ricadendo nel gioco dei numeri.

Dar valore al tempo e alla solidarietà, ricercare attivamente e con impegno il senso del nostro esistere sono le ricette giuste per uscire dalla crisi. L'economia non ne avrà danno, come sempre si adatterà ai nuovi stili di vita ricercando il nuovo mercato a cui vendere. Noi, se siamo bravi compreremo, scegliendo, il nostro vivere, la nostra felicità e soprattutto il futuro dei nostri figli.

Giovanni Sallemi




(da L'Azione, n. 41 del 27/9/2009)




 
 
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