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Annuncio e dialogo

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pubblicato mercoledì 26 ottobre 2011



Due sono gli eventi che caratterizzano la vita della Chiesa in questa parte finale del mese di ottobre. Si tratta di due celebrazioni che coinvolgono la comunità cristiana tutta. Innanzitutto domenica prossima, 23 ottobre, sarà celebrata la Giornata missionaria mondiale (tema: "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi").

Come da tradizione, in tutto il mese di ottobre la Chiesa è invitata a considerare con attenzione la questione missionaria, perché ciò riguarda la sua natura più intima. La Chiesa, cioè, è missionaria per essenza, secondo il comando dato da Gesù risorto agli apostoli: andate, battezzate e annunciate, portate a tutti la buona novella del vangelo.

Il secondo evento riguarda l'incontro ad Assisi, il prossimo 27 ottobre, tra i rappresentanti delle religioni più seguite al mondo, aperto anche a personalità del mondo della cultura laica che non si riconoscono in alcuna religione. Sarà un incontro di preghiera e di riflessione per la pace nel mondo che intende anche ricordare, come si sa, la prima esperienza di questo tipo voluta 25 anni fa da papa Giovanni Paolo II.

 

Annuncio e dialogo

In pochi giorni abbiamo dunque due iniziative che solo a uno sguardo superficiale e poco informato, potrebbero sembrare perfino contraddittorie.

Il dovere missionario dell'annuncio, infatti, non è altra cosa, per il cristiano, da quello doveroso del dialogo rispettoso con le altre religione e con il pensiero laico.

Sono due cose che si pongono a livelli diversi, eppure complementari.

La teologia si è sforzata, a partire dalla seconda metà del Novecento, ma in alcuni casi anche prima, di comprendere in maniera nuova il fenomeno religioso non cristiano. Ci si è sforzati, cioè, di vedere nel non cristiano non tanto colui che persegue un errore, quanto piuttosto un f ratello che, in una situazione storica che non gli ha consentito di incontrare adeguatamente Cristo e la Chiesa, vive la sua religiosità secondo categorie altre che corrispondono alle tante religioni.

Ogni persona che viene al mondo è voluta e amata da Dio, ogni persona cioè, è opera del Dio-Trinità ed è segnata da un sigillo sacro che è quello cristiano. La realtà che la rende persona umana è l'unica possibile ed è perciò sempre la stessa per tutti. Essa ha avuto nella storia la sua espressione piena nel cristianesimo. Ne consegue che la risposta cristiana si profila come l'unica pienamente adeguata. Tuttavia quando essa, per ovvi motivi storici, non può avvenire in forma esplicita, attraverso cioè la professione di fede, essa potrà realizzarsi in una forma diversa, diciamo implicita, mediata e resa possibile, appunto, dalle tante religioni del mondo e perfino dalla vita buona laicamente vissuta secondo la legge dell'amore.

 

Chi è fuori dalla Chiesa

La ben nota affermazione "Extra ecclesiam nulla salus" (al di fuori della Chiesa non vi è salvezza), va perciò interpretata pensando alla Chiesa non solo come la comunità dei battezzati, ma anche, sia pure in una forma più debole, talora debolissima, come la comunità di quanti sono ordinati al battesimo, e questi, dice il concilio Vaticano II, sono tutti gli uomini perché tutti segnati dal sigillo di Cristo, lo sappiano o non lo sappiano. Se è così, allora è fuori della Chiesa, e dunque fuori della salvezza, solo chi ha rifiutato Cristo, o in forma esplicita, se lo ha conosciuto, o in forma implicita, se non lo ha conosciuto. Ciò avviene, in entrambi i casi, facendo il male.

Fa parte della dottrina della Chiesa, detto in altre parole, la verità che Cristo è l'unico salvatore universale (cfr. Atti 4,12) ed egli è annunciato dalla Chiesa, perciò fuori della Chiesa non vi possono essere annunci di salvatori. Non possono essere considerati tali, infatti, i fondatori delle altre religioni, personaggi straordinari, da cui imparare spesso molte cose buone, ma umani, solo umani.

 

Rispetto reciproco, non conversione

Appare allora chiaro come la Chiesa si ponga oggi di fronte ai credenti delle altre religioni e agli amici non credenti e come possa avere con essi un autentico dialogo che aiuti una sempre migliore comprensione reciproca a livello spirituale, come anche a livello pratico.

Ciò dovrà essere fatto nel rispetto reciproco delle diversità e senza alcun obiettivo di conversione. Non è infatti questo l'obiettivo del dialogare insieme.

Letto sotto quest'ottica l'evento di Assisi si ritrova collocato secondo la giusta prospettiva e non corre il rischio di essere frainteso come una sorta di incontro delle religioni tutte considerate allo stesso livello perché tutte valide.

Giovanni Paolo II non volle in nessun modo proporre qualcosa del genere, anche se il rischio di un fraintendimento di questo tipo è, in effetti, reale.

 

Impegno per la pace

Preghiera per la pace dunque, invito forte perché tutti i credenti si impegnino per la pace, convinzione, allora, che nessuna religione possa essere violenta e contro l'uomo. Da questo punto di vista ogni religione è distinta, ma non è distante.

Invocare il dono della pace a colui in cui si crede significa, infatti, esprimere il desiderio comune e la volontà condivisa di lavorare per la pace, di lavorare per la pace con tutti gli uomini di buona volontà quali sono i credenti e anche i non credenti convinti del dovere morale di operare sempre per il bene dell'uomo.

Ecco perché papa Benedetto, e questa è una novità, ha chiesto che anche i non credenti siano presenti ad Assisi e diano il loro contributo.

Come si vede in questo modo sono evitati sia il rischio del relativismo (che equipara tutte le religioni) sia quello del sincretismo (che mette insieme le religioni al fine di proporne una superiore nella quale tutti si possano riconoscere) che alcuni osservatori ritengono presenti in iniziative di questo tipo. Ma le cose vanno ben comprese!

 

Il dovere missionario

Da questa riflessione, troppo breve e succinta, si ricavi almeno il senso corretto del dovere missionario della Chiesa, tanto richiamato in questo mese di ottobre.

L'attività missionaria consiste nel grandioso compito di annunciare Cristo risorto affinché gli uomini del mondo, talora chiamati cristiani anonimi, possano giungere a quella conoscenza che è loro diritto, diventando cioè cristiani espliciti, godendo della Parola di Dio e della celebrazione dei sacramenti.

Così il dialogo con i credenti delle altre religioni è possibile ed è un aspetto costitutivo dell'annuncio cristiano sia nelle terre lontane, sia nelle nostre terre, ormai ritenute terre di missione, luoghi che necessitano di una nuova evangelizzazione (è questo il tema del sinodo dei vescovi dell'ottobre 2012).

Accanto al dialogo sarà necessario, va da sé, l'annuncio, l'annuncio del vangelo, il cui imperativo viene da Gesù stesso e mantiene inalterata la sua attualità. Non si tratta però di portare la salvezza a un mondo destinato alla perdizione per non aver conosciuto Gesù Cristo, l'unico salvatore, si tratta piuttosto di dare nome e cognome e dire la verità su quanto vi è di buono e di vero nel mondo, sia a livello umano che a livello religioso. Si tratta di dare a tutti ciò che è diritto di tutti, affinché tutti possano godere della bellezza del cristianesimo, siano pienamente convinti che vi è un Dio padre che ci ama, un Dio Figlio che ci salva, un Dio Spirito Santo che ci mantiene in vita e ci accompagna verso la pienezza di tutto, che ci è promessa.

don Alberto Sartori

 

 

(da L'Azione, n. 43 del 23/10/2011)




 
 
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