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20:30: Veglia di preghiera per la pace
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20:30: "Il Concilio di Nicea: nella visione cristiana battista"
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09:00: S. Messa per il Dialogo Ecumenico
14:30: Incontro del percorso missionario "Andiamo oltre"
Sabato 3 gennaio, alle 20.30, presso la chiesa dei Cappuccini di Conegliano, Veglia diocesana di preghiera per la Pace. Presiede il vescovo Riccardo Battocchio.
Nel messaggio per la pace del 1° gennaio, papa Leone XIV invita a riscoprire “una pace disarmata e disarmante”: un monito contro l'aumento delle spese militari e un richiamo al senso vero del Natale.
Facendo proprie le parole del Papa, nell’anno che ricorda l’800° anniversario della morte di San Francesco d’Assisi, la diocesi di Vittorio Veneto propone la veglia diocesana per la pace che avrà luogo a Conegliano, nella chiesa dei frati cappuccini (via dei cappuccini, 18), sabato 3 gennaio alle 20.30, con la presenza del vescovo Riccardo che presiederà la celebrazione.
Il titolo della veglia, organizzata in sinergia da diversi uffici pastorali diocesani, "La pace sia con tutti voi: verso una pace disarmata e disarmante".
Di seguito, la riflessione di don Andrea Forest - direttore della Caritas Vittorio Veneto e delegato vescovile per l’Ufficio diocesano della Pastorale sociale e del lavoro -: il testo, in preparazione alla veglia del 3 gennaio, prende spunto dal messaggio di papa Leone.
“La pace sia con tutti voi!”: abbiamo ancora in mente le prime parole di papa Leone XIV il giorno della sua elezione al soglio pontificio lo scorso 8 maggio. Il discorso divenne famoso per l’invito che fece a ricercare e vivere una pace “disarmata e disarmante”, invito che ora dà il titolo al Messaggio per la 59a Giornata mondiale per la pace del prossimo 1° gennaio.
La pace, dono di Cristo
Il primo aspetto su cui il Papa si ferma a riflettere nel Messaggio riguarda la pace come dono di Cristo. È la liturgia della notte del Natale a ricordarci il coro degli angeli che canta: “Gloria a Dio nell’alto dei cieli, e pace in terra agli uomini amati dal Signore”. Ma è anche il Cristo risorto ad augurare pace fin dalle sue prime parole rivolte ai discepoli riuniti: “Pace a voi!”. Questa pace, che è dono del Signore Gesù, diventa una sorta di “luce” che può illuminare anche il nostro cammino nella storia e il nostro impegno ad abitarla con sapore evangelico.
“La pace esiste – commenta papa Leone –, vuole abitarci, ha il mite potere di illuminare e allargare l’intelligenza, resiste alla violenza e la vince. La pace ha il respiro dell’eterno: mentre al male si grida “basta”, alla pace si sussurra “per sempre”. In questo orizzonte ci ha introdotti il Risorto. In questo presentimento vivono le operatrici e gli operatori di pace che, nel dramma di quella che Papa Francesco ha definito “terza guerra mondiale a pezzi”, ancora resistono alla contaminazione delle tenebre, come sentinelle nella notte”.
Non è una luce scontata quella della pace: si può rimanere anche nel buio delle spirali della violenza e della guerra, della contrapposizione e della seduzione. Dimenticare la pace “purtroppo è possibile – continua il testo del Messaggio –: si perde allora di realismo, cedendo a una rappresentazione del mondo parziale e distorta, nel segno delle tenebre e della paura. Non sono pochi oggi a chiamare realistiche le narrazioni prive di speranza, cieche alla bellezza altrui, dimentiche della grazia di Dio che opera sempre nei cuori umani, per quanto feriti dal peccato”.
Una pace disarmata
La pace donata da Cristo diventa, di conseguenza, un principio di azione per il credente, che quella pace è chiamato a vivere e a promuovere. Una pace senza armi, attrezzata cioè soltanto di parola, di dialogo, di riconciliazione, è la pace di cui oggi il mondo ha bisogno. “La pace di Gesù risorto è disarmata – afferma papa Leone nel Messaggio –, perché disarmata fu la sua lotta, entro precise circostanze storiche, politiche, sociali. Di questa novità i cristiani devono farsi, insieme, profeticamente testimoni, memori delle tragedie di cui troppe volte si sono resi complici”.
Al tempo stesso, occorre vigilare affinché il continuo tendere verso la pace – e tuttavia una pace mai pienamente raggiunta nella storia – non lasci il posto alla mancanza di speranza e alla scarsa motivazione. “Quando trattiamo la pace come un ideale lontano – scrive Leone XIV –, finiamo per non considerare scandaloso che la si possa negare e che persino si faccia la guerra per raggiungere la pace. Sembrano mancare le idee giuste, le frasi soppesate, la capacità di dire che la pace è vicina. Se la pace non è una realtà sperimentata e da custodire e da coltivare, l’aggressività si diffonde nella vita domestica e in quella pubblica”.
È ancora il Papa nel suo Messaggio a ricordare alcuni dati preoccupanti: “Nel corso del 2024 le spese militari a livello mondiale sono aumentate del 9,4% rispetto all’anno precedente, confermando la tendenza ininterrotta da dieci anni e raggiungendo la cifra di 2.718 miliardi di dollari, ovvero il 2,5% del PIL mondiale. Per di più, oggi alle nuove sfide pare si voglia rispondere, oltre che con l’enorme sforzo economico per il riarmo, con un riallineamento delle politiche educative: invece di una cultura della memoria, che custodisca le consapevolezze maturate nel Novecento e non ne dimentichi i milioni di vittime, si promuovono campagne di comunicazione e programmi educativi, in scuole e università, così come nei media, che diffondono la percezione di minacce e trasmettono una nozione meramente armata di difesa e di sicurezza”.
Una pace disarmante
È importante, alla luce di quanto visto, che ci sia allora un impegno per “disarmare il cuore” anzitutto, perché il bene possa vincere il male. È questo, del resto, quello che ci comunica anche il Natale che celebriamo in questi giorni. Scrive infatti il Santo Padre: “La bontà è disarmante. Forse per questo Dio si è fatto bambino. Il mistero dell’Incarnazione, che ha il suo punto di più estremo abbassamento nella discesa agli inferi, comincia nel grembo di una giovane madre e si manifesta nella mangiatoia di Betlemme”. Eppure, continua Leone XIV nel suo Messaggio, “nulla ha la capacità di cambiarci quanto un figlio. E forse è proprio il pensiero ai nostri figli, ai bambini e anche a chi è fragile come loro, a trafiggerci il cuore”.
Come ricorda il Pontefice, fu San Giovanni XXIII a introdurre per primo la prospettiva di un disarmo integrale, che si può affermare soltanto attraverso il rinnovamento del cuore e dell’intelligenza. “È questo un servizio fondamentale che le religioni devono rendere all’umanità sofferente, – continua papa Leone – vigilando sul crescente tentativo di trasformare in armi persino i pensieri e le parole. Le grandi tradizioni spirituali, così come il retto uso della ragione, ci fanno andare oltre i legami di sangue o etnici, oltre quelle fratellanze che riconoscono solo chi è simile e respingono chi è diverso. Oggi vediamo come questo non sia scontato. […] Perciò, insieme all’azione, è più che mai necessario coltivare la preghiera, la spiritualità, il dialogo ecumenico e interreligioso come vie di pace e linguaggi dell’incontro fra tradizioni e culture”.
don Andrea Forest