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Sulle tracce umanissime di Gesù

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pubblicato sabato 10 marzo 2012



"Vogliamo vedere Gesù". La domanda, duemila anni dopo, è ancora viva in molti uomini e donne. Nonostante i tumultuosi cambiamenti sociali e culturali intervenuti, specie negli ultimi decenni. È una domanda che permane perché «l'umanità di Gesù riguarda, intriga, interroga» tutti. A questo anelito profondo - ha sottolineato fratel Enzo Bianchi come consegna conclusiva affidata alle 1.300 persone che hanno accolto l'invito del Vescovo a partecipare alla serata di apertura della Fase Tre del Convegno diocesano - i cristiani e la Chiesa sono chiamati a rispondere, riscoprendo le «tracce umanissime [di Gesù], sulle quali camminare per essere suoi fratelli e figli di Dio».

Su queste "tracce" sono ora al lavoro i quasi 700 delegati del Convegno presenti, insieme ad altre 600 persone, all'incontro con Bianchi nella palestra del collegio San Giuseppe a Vittorio lo scorso 2 marzo.

Il priore di Bose non ha dato indicazioni "pratiche", non ha suggerito iniziative. Quelle saranno i delegati a individuarle. Ha voluto invece tratteggiare il quadro entro cui tali proposte sono chiamate a inserirsi. E lo ha fatto lucidamente, soffermandosi sulla domanda: chi è il cristiano? Perché solo da una risposta a questo interrogativo «può scaturire un comportamento conseguente da cristiani nella compagnia degli uomini».

Chi è il cristiano?
«Ciò che caratterizza il cristiano è innanzitutto la fede, ossia l'adesione al Dio unico e vivente, spiegato, narrato in modo definitivo da Gesù, il Messia e Signore» ha spiegato Bianchi. Fede che è un atto umano «una scelta dell'uomo che coinvolge tutto il suo essere personale, manifestandosi come un atto umanissimo e vitale, teso alla vita; è entrare in una relazione, in un rapporto vivo con un altro». Le Scritture descrivono la fede come l'atto «che consiste nel mettere il piede sul sicuro, nell'affidarsi come un bambino attaccato con una fascia al seno di sua madre, sicuro in braccio a lei». «In tutta la vita - ha proseguito Bianchi - noi uomini dobbiamo avere fede, fare fiducia, credere a qualcuno... Non si può essere uomini senza credere, perché credere è il modo di vivere la relazione con gli altri. Proprio per questa umanità costitutiva della fede, oggi dobbiamo confessare che la crisi della fede incomincia dalla crisi dell'atto umano del credere, che è diventato difficile e sovente contraddetto... Non siamo più capaci di porre l'atto umano del credere... A partire da questo carattere umanissimo del movimento di fede-fiducia nasce anche la nostra fede in Dio».

Fede che «è adesione a Gesù Cristo, legame con la sua persona, coinvolgimento con la sua esistenza umana» e «se Dio è amore, agape, la vita vissuta da Gesù ha raccontato l'amore, è stata amore! Ecco perché Basilio nel definire lo specifico del cristiano attesta - citando Gal 5, 6 - che proprio del cristiano è "la fede operante attraverso l'amore"». Pertanto «nel cristianesimo il miglior modo di servire Dio è il servizio del fratello, è l'amore per gli altri, è la giustizia verso tutti. Dio va amato essenzialmente amando gli altri come lui li ama... Questo amore, prima vissuto da Gesù e poi da lui richiesto ai suoi discepoli, non è semplice filantropia, non è solo etica fraterna, ma è opus fidei, azione originata dall'adesione a Cristo: la fede resta la sorgente, l'ispirazione, la giustificazione, la forza di tale amore, ed è la grazia che accompagna la fede a renderlo possibile, non utopico».

La riflessione del priore di Bose ha offerto diversi altri stimoli (molto ha colpito l'invito a uno sguardo di vera misericordia nei confronti di separati e divorziati). Li riprenderemo sul prossimo numero.

Federico Citron

 

 

(da L'Azione, dell'11/3/2012)

 

 


Il testo della riflessione di Enzo Bianchi, fornita dall'autore, e la registrazione integrale del suo intervento, sono disponibili nella pagina dedicata alla Fase Tre.






 
 
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