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Omelia del vescovo Pizziolo alla Messa per il raduno Triveneto degli Alpini

18/06/2018Omelia del vescovo Pizziolo alla Messa per il raduno Triveneto degli Alpini

Omelia del vescovo Corrado Pizziolo alla messa di sabato 16 giugno, ore 17, in Cattedrale a Vittorio Veneto, per il raduno Triveneto degli Alpini in occasione del Centenario (1918-2018).

 

L’omelia del vescovo Pizziolo ha sviluppato i temi delle letture della XI domenica del tempo ordinario (Ez 17, 22-24; Sal 91; 2 Cor 5, 6-10; Mc 4, 26-34).

 

XI domenica del Tempo ordinario

S. Messa per gli Alpini nel 100° della fine della Grande Guerra

Tutte e tre le letture che abbiamo ascoltato ci offrono un messaggio di fiducia e di coraggio. Davvero buona notiziabuon messaggio: cioè, Vangelo.

Tutte e tre le letture ci dicono infatti che il regno di Dio è una forza che va avanti attraverso qualsiasi difficoltà e circostanza. Una forza che ha un dinamismo inarrestabile.

  • La prima lettura - tratta dal profeta Ezechiele che scrive nel momento in cui il popolo di Israele è in esilio - ce lo dice attraverso quell’immagine di un ramoscello preso da un albero e piantato su un monte; un ramoscello piccolo e fragile, che però metterà rami e farà frutti e diventerà un cedro meraviglioso.
  • Il Vangelo riprende in qualche modo l’immagine del profeta e parla del seme gettato sul terreno che germoglia e cresce senza che il seminatore se ne dia pensiero, addirittura senza che egli sappia come. E poi con l’immagine del granello di senape che quando viene seminato sul terreno è il più piccolo di tutti i semi, ma poi diventa un albero grande, tanto che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra.
  • E anche san Paolo nella seconda lettura si dichiara pieno di fiducia proprio nel momento della difficoltà (di quello che egli chiama uno stato di esilio) e così procede nel suo impegno di fedeltà al signore: pur sapendo che siamo in esilio lontano dal Signore, siamo pieni di fiducia.

Fiducia e coraggio. E proprio per questo capacità di spendersi per il bene… di impegnarsi per obiettivi buoni. Pensavo in questi giorni a questo centenario della fine della prima guerra mondiale.

Qui - nel nostro territorio - quello è stato il periodo in assoluto più tragico. Certamente molte famiglie avevano lamentato la perdita di un loro caro al fronte. ma il fronte era lontano. Nel 1918 il fronte era qui; era il Piave; e questo territorio era occupato.

L’anno della fame. Migliaia di civili sono morti di stenti e di inedia. Altre migliaia hanno dovuto sfollare recandosi in territori già poveri e tribolati.

Anche dalla parte opposta del Piave molti hanno dovuto sfollare, ma sono andati profughi in un territorio che era rimasto italiano… fino alla Sicilia. Io ricordo di aver parlato con molti di loro e nessuno di loro ricordava male quel periodo, anzi ricordava di essere stato accolto come profugo con grande umanità. Questo avrebbe molto da insegnarci anche oggi: profughi accolti con umanità.

Anche da questa parte del Piave i profughi sono stati accolti, ma per tanti aspetti con maggior difficoltà - potremmo dire - con eroicità, da popolazioni già loro stesse stremate e private di ogni bene.

E questo per dire che anche in situazioni terribili e umanamente senza prospettiva, ha potuto manifestarsi un germe, un frutto di bene.

Paradossalmente si è ripetuta quella sproporzione che abbiamo visto nelle letture: proprio nel momento peggiore e più tragico, quello della guerra (perché la guerra è davvero la somma di tutti i mali), proprio in questo momento di male, il Signore è stato capace di far fiorire gesti di bontà, di solidarietà, di bene, assolutamente insperati e sorprendenti.

Il Signore sa scrivere dritto anche fra le nostre righe storte. Mai ci fu un proverbio più vero. Questo non per dire che dobbiamo allora scrivere apposta in maniera storta e sbagliata. Ma non dobbiamo perderci di coraggio e di fiducia anche in mezzo ai momenti di difficoltà e di disorientamento.

Se noi, di fronte alle cose che non vanno bene (e ce ne sono tante, oggi come ieri) dicessimo: "Qui tutto va storto. È meglio che anch’io, che anche noi rinunciamo ad impegnarci, perché è inutile… tanto tutto andrà male"; se dicessimo così, verremo meno alla nostra fede nel Vangelo di Gesù, il quale ci invita a mantenere ferma la nostra fede, cioè la fiducia e la speranza, anche nel momento dell’esilio, cioè nel momento della prova.

In questo senso molti di coloro che hanno fatto parte del corpo degli Alpini, sia nel momento della guerra, sia nel momento della pace, ci possono essere di aiuto e di testimonianza. Anche nel momento della guerra, anche in mezzo alla tragedia della violenza, molti dei nostri Alpini hanno saputo testimoniare eroicamente una fedeltà al loro dovere, ma soprattutto una fraternità e una solidarietà umana davvero esemplari. E, più ancora, dopo i vari conflitti che hanno insanguinato i nostri paesi, il corpo degli Alpini ha saputo vivere e trasmettere un messaggio di fraternità, di solidarietà, di aiuto a chi si trovava nella situazione del bisogno.

Anche (e specialmente) nei momenti di prova e di difficoltà molti Alpini hanno saputo tirar fuori dal loro cuore delle risorse di aiuto, di vicinanza, di solidarietà concreta con chi era nel bisogno.

Vi incoraggio, cari Alpini, anche in questo centenario che ricordiamo oggi, non solo a portare avanti il valore della pace contro la guerra e la violenza, ma anche a mantenere coraggio e fiducia in questi valori di solidarietà concreta e di aiuto fraterno che caratterizzano il vostro corpo. Un aiuto fraterno che non guarda alle simpatie o alle provenienze, ma che va incontro con prontezza e generosità a chi vive momenti di sofferenza e di bisogno.

Ci vogliono motivazioni alte, motivazioni - alla fin fine - di fede e di speranza autentiche per far questo.

Chiediamo al Signore che sostenga nel vostro cuore queste motivazioni e le facce sorgere del cuore anche di altre persone, in modo particolare dei giovani, in maniera che non cadano dell’indifferenza e nello scoraggiamento, ma scoprano anch’essi la bellezza e la gioia del donare, a chi è nel bisogno, aiuto e fraternità.


 



 
 
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