Fondo di Solidarietà
 

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La Chiesa diocesana accanto a chi è in difficoltà

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pubblicato giovedì 23 aprile 2009



"E chi è il mio prossimo?". La domanda rivolta dal dottore della legge a Gesù è risuonata, tra i credenti, lungo tutti i duemila anni di storia della cristianesimo. Anche in questo difficile momento economico e sociale la nostra Chiesa diocesana si è posta questo interrogativo e ha individuato nelle persone rimaste senza lavoro e prive di una "rete di protezione" sociale e familiare il "prossimo" da aiutare e accompagnare. È nata così la decisione di costituire un apposito fondo straordinario di solidarietà. Non è il primo nel suo genere in Italia. La prima Diocesi a partire in Italia fu, lo scorso Natale, Milano. In Veneto sono già operativi o prossimi al via i fondi delle Diocesi di Vicenza e Padova.

«Noi vescovi del Triveneto siamo stati sollecitati dalle Caritas a intervenire concretamente per aiutare le persone messe in difficoltà dall'attuale crisi economica - spiega il vescovo Corrado -. Da noi oggi la situazione non si può definire drammatica, ma pare che la fase acuta non sia ancora arrivata. Comunque la Caritas e i parroci già registrano un aumento di richieste di aiuto. Ci siamo resi conto che non possiamo restare insensibili».

Il Vescovo sottolinea che «la Diocesi non vuol essere l'unico ente che interviene, né ha la pretesa di risolvere tutti i problemi. La Provincia, qualche comune, la stessa CEI si sono attivati per offrire un supporto a chi sta peggio».

In questi giorni il Vescovo ha contattato personalmente banche, imprenditori e professionisti per informarli del Fondo e tastare la disponibilità a una partecipazione economica. «Ho ottenuto riscontri positivi in merito all'iniziativa in sé. Ho trovato anche risposte affermative alla richiesta di sostenere il Fondo, nei limiti di quanto consente la crisi». Inoltre «ci sarà una sensibilizzazione delle comunità cristiane che verranno coinvolte in una Colletta diocesana in una domenica di maggio». Comunque una cifra è già certa: si tratta dei 100 mila euro stanziati dalla Diocesi.

Ma l'impegno della Chiesa diocesana non si ferma qui. C'è la "cura" ma c'è anche la "prevenzione". Che si traduce nell'educare a stili di vita più sobri. «La sobrietà non vuol dire azzerare i consumi, che non è realistico, ma neppure essere preda del consumo per il consumo. Non possiamo tirarci fuori dalla società in cui viviamo, ma agire criticamente e in modo equilibrato». Serve poi, per il Vescovo, un recupero del valore del lavoro: «In America c'è stato un abbandono del lavoro in nome di speculazioni finanziare costruite sul nulla. Bisogna riconsiderare la serietà del lavoro e dei suoi frutti».

Federico Citron




(da L'Azione, n. 16 del 19/04/2009)




 
 
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