Pastorale della famiglia
 

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Convivere non vale come prova generale

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pubblicato mercoledì 31 gennaio 2007



Sapete cosa dicono i formatori scelti dalla diocesi alle coppie di fidanzati?

"Sposatevi, sì, ma non per forza in chiesa…".

Lo racconta Ubaldo Vaglieri, veterinario opitergino, che assieme alla moglie Brunella è stretto collaboratore del vicario pastorale per la famiglia don Roberto Camilotti. Da anni spesso intervengono a "quelli che impropriamente chiamiamo corsi prematrimoniali" per usare le parole di lui. Che non parla mica per scherzo quando invita i morosi a valutare anche la possibilità delle nozze in municipio.

"È un modo -spiega Vaglieri- per dire di non fare le scelte solo per tradizione, perché così fan tutti, ma solo se c'è la consapevolezza".

Vi è capitato addirittura di dissuadere qualcuno?

"Ci è capitato piuttosto di trovare coppie sposate civilmente che a distanza di anni, magari già con i figli, iniziano corsi prematrimoniali per poi sposarsi in chiesa".

Quindi la convivenza è ancora vista come una scelta controcorrente?

"O quantomeno che rivela la difficoltà dei giovani di scegliere la definitività".

Magari influenzata dai tanti matrimoni che vedono andare a picco.

"Fanno l'errore di considerare la convivenza come un rodaggio in cui sperimentare e raccogliere indicazioni sul loro rapporto. Ma non può essere una prova perché le condizioni di partenza sono diverse: da un lato la definitività del matrimonio, dall'altro la possibilità di separarsi. È come sperimentare un farmaco su un animale e poi pensare che sull'uomo abbia gli stessi effetti. E invece tra uomo e animale ci sono analogie, ma anche diversità".

Quanto influiscono nella scelta di ritardare le nozze le ristrettezze economiche che molti giovani patiscono?

"A volte sono f renati da problemi come la casa che sia pronta, o che la cerimonia, il pranzo e il viaggio di nozze siano di un certo livello perché sennò cosa diranno gli amici. E questi aspetti logistici portano a allontanare il matrimonio, sono messi davanti all'importanza delle nozze per la coppia".

Mentre altri fanno prevalere le ragioni del cuore.

"Si sposano in semplicità. Spesso per una scelta di sobrietà più che per non poterselo permettere. Il mondo giovanile non è disastrato! Lo dimostra anche l'esperienza di 3 giorni a cavallo di Capodanno che abbiamo vissuto a Spert, in Alpago, con altre famiglie e otto coppie di fidanzati. Ci sono di queste coppie, affamate di esperienze formative".

E ne trovano?

"I corsi prematrimoniali sono troppo corti: dieci incontri sono una durata striminzita per il peso della scelta a cui portano. Servirebbero non incontri ogni settimana, ma ogni mese, magari per due anni, per dare il tempo a cuore e cervello di digerire. Ma ci sono anche coppie che vengono a chiederci occasioni successive al corso fidanzati. Dopo averlo completato, alcune coppie, ad esempio, iniziano a partecipare agli incontri del vescovo con le famiglie, anche prima di essere sposati."

Nei fidanzati che incontrate, quanto fortemente il matrimonio è legato al desiderio di maternità e paternità?

"Il desiderio senz'altro c'è. Ma rispetto alle generazioni precedenti, che in pratica vedevano il matrimonio come finalizzato alla procreazione, ora c'è più consapevolezza della centralità della coppia. Essere genitori è una conseguenza di questa centralità. Questa consapevolezza è un bene anche per la stabilità della coppia, che si deve fondare sui due coniugi e non sulla presenza dei figli".

Cosa dicono, i vostri giovani, d ella tormentata questione Chiesa e rapporti prematrimoniali?

"Noi diciamo che la Chiesa non vieta. È una maestra non una tiranna. Spieghiamo che i rapporti sessuali sono l'espressione fisica dell'unione intima tra due persone, di un legame definitivo. E per questo avere rapporti sessuali prima del matrimonio è fuori contesto allo stesso modo della convivenza. Poi però succede anche di vedere lo stupore negli occhi dei giovani quando spieghiamo loro che la verginità non è un dato anatomico, ma una scelta di vita, che è possibile "recuperare la verginità" scegliendo di sospendere i rapporti sessuali fino al matrimonio. Cerchiamo di mostrare che non è una scelta castrante, ma liberante. Che non attendo perché obbligato ad attendere, ma perché l'attesa ha un suo significato, un suo valore".

Tommaso Bisagno




(da L'Azione, n. 2 del 14/01/2007)






 
 
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